Effetto Placebo ed effetto Nocebo
L’interazione tra mente e corpo è un campo affascinante della ricerca scientifica, e tra i fenomeni più intriganti che emergono da questa connessione sono l’effetto placebo e il controeffetto nocebo. Questi fenomeni mettono in evidenza il ruolo cruciale della psiche nell’influenzare la salute e il benessere.
Attraverso l’esplorazione dei circuiti neurobiologici e psicologici coinvolti, cerchiamo di gettare nuova luce su come le aspettative e le credenze possono modulare la risposta fisiologica.
Placebo cos'è
Un placebo è una sostanza inerte o un trattamento medico senza alcuna proprietà terapeutica, mentre l’effetto placebo ed effetto nocebo, e la risposta placebo, è la conseguenza della sua somministrazione.
Placebo in latino significa “io piacerò”. Il termine placebo significa finto: per esempio, una pillola placebo è una pillola finta. Un placebo può essere una pillola di zucchero, un’iniezione di acqua o acqua salata o perfino una falsa procedura chirurgica. Negli anni poi, la parola “finto” è stata sostituita dalla parola “placebo”, cioè qualcosa che si dà al malato più per fargli piacere, che per le proprietà terapeutiche.
Il semplice fatto di credere nelle proprietà benefiche di qualcosa (placebo-acqua fresca), effettivamente produce determinati effetti. Le persone che assumono queste sostanze inerti, hanno la forte aspettativa di un beneficio terapeutico.
In questi casi certi sintomi possono diminuire, certe patologie possono subire delle modificazioni, senza magari arrivare ad una guarigione reale.
Perché questo accade? Principalmente sono tre i motivi:
1) Miracolo: il credente non ha bisogno di spiegazioni fisiologiche, il miglioramento c’è perché c’è un intervento divino;
2) Remissione spontanea: tante patologie hanno una remissione spontanea, il dolore può diminuire, può fluttuare nel tempo. Quindi se io assumo un farmaco o un placebo e il dolore diminuisce è perché sarebbe diminuito comunque, naturalmente.
In termini tecnici questo fenomeno si chiama “storia naturale del sintomo”. Questo meccanismo è ben conosciuto dalle case farmaceutiche. Ad esempio, nel caso del raffreddore e dell’influenza, tanti prodotti da banco si basano, fondamentalmente, sulla remissione spontanea. Il raffreddore in genere arriva il primo giorno, giunge all’apice il secondo, terzo giorno, il quarto giorno inizia a diminuire e il quinto giorno scompare. La maggior parte della popolazione non prende mai il farmaco il primo giorno, lo prende quando il raffreddore è già all’apice. Se si prende il farmaco inefficace o l’acqua fresca, si vedrà il raffreddore diminuire, ma sarebbe diminuito comunque. Erroneamente si attribuisce l’effetto terapeutico all’acqua fresca, mentre non è altro che remissione spontanea.
3) Reale Effetto Placebo: qualcosa che avviene nel nostro cervello, quando il semplice credere nelle proprietà terapeutiche di qualcosa, produce una diminuzione del sintomo.
Fattori estranei all'effetto placebo reale
– La regressione verso la media: è un fenomeno statistico dovuto al fatto che i pazienti tendono a ricevere la loro prima valutazione clinica quando un sintomo, come il dolore, o un parametro fisiologico (es. glicemia) sono al massimo valore, e che tale valore tende ad essere minore quando il paziente torna per una seconda valutazione. Anche in questo caso, la riduzione del sintomo non è dovuta al tipo di intervento a cui il paziente è stato sottoposto;
– Difficoltà di rilevazione del segnale: si basa sulla probabilità di commettere degli errori, da parte del paziente o del medico, nell’identificare i segnali relativi ai sintomi. Questo può generare dei falsi positivi e quindi può spiegare i miglioramenti che poi si verificano;
– Percezione alterata: l’interpretazione dei sintomi da parte del paziente può cambiare con l’aspettativa di sentirsi meglio. Ad esempio, un dolore acuto può successivamente essere percepito come un formicolio fastidioso;
– Tendenza del paziente a compiacere il medico: esistono evidenze scientifiche riguardo al fatto che spesso il paziente desidera compiacere il dottore per il tempo e gli sforzi dedicatigli, e ciò porta a caricare la percezione soggettiva del proprio miglioramento clinico;
– Aspettative del medico: è stato dimostrato che le aspettative del medico influenzano la risposta placebo del paziente. Se il medico è al corrente che la terapia è efficace può, attraverso la comunicazione verbale e/o un certo tipo di atteggiamento, influenzare la risposta dei pazienti;
– Un cambiamento nel comportamento del paziente: il placebo può aumentare la motivazione da parte del paziente a prendersi più cura di se stessa. Una dieta migliore, l’esercizio fisico regolare o il riposo, possono essere responsabili dell’attenuazione dei sintomi;
– Riduzione dell’ansia: assumere il placebo e aspettarsi di sentirsi meglio può essere calmante e ridurre i livelli di sostanze chimiche legate allo stress prodotto dal corpo, come l’adrenalina;
Il rituale terapeutico - contesto psicosociale
Il rituale terapeutico è il contesto psicosociale intorno al paziente. Quando somministriamo un trattamento medico, intorno al paziente ci sono una complessa serie di stimoli sociali e sensoriali. Ad esempio:
– La vista: di un camice, di un ospedale;
– L’odore: del farmaco, l’odore dell’ambiente ospedaliero;
– Le parole: del medico, dello sperimentatore, di tutto il personale medico;
– Il tatto: essere toccati da apparecchiature mediche complesse o anche semplici;
Questa può essere definita la componente psicologica di una terapia, dove il paziente crede, spera e si aspetta di star meglio. Però per misurare l’effetto placebo è necessario escludere una serie di fattori che nulla hanno a che fare con l’effetto placebo reale.
Sia la medicina convenzionale che quella alternativa sono ricche di rituali terapeutici. Spesso non c’è differenza tra questi due approcci medici, perché in entrambi i casi si somministrano pillole, s’iniettano sostanze e si attuano procedure fisiche.
I rituali trasmettono l’informazione importante che una terapia è in corso per cui i pazienti si aspettano di ricevere un beneficio terapeutico e il successivo miglioramento clinico dei propri sintomi. I rituali terapeutici più comuni sono: prendere una pillola, ricevere un’iniezione, sottoporsi ad un intervento chirurgico, essere toccati da un dispositivo medico.
Nella medicina non convenzionale vengono spesso effettuati molti rituali complessi, come forare la pelle in punti specifici con l’agopuntura, posizionare talismani e magneti sul corpo, pregare e venerare. Le procedure sciamaniche nelle società occidentali e non, coinvolgono rituali ancora più complessi, come cantare, giocare, suonare il tamburo e ballare.
Dal punto di vista di chi sta soffrendo è fondamentale capire che l’origine del rituale non ha importanza, Ciò che conta è la fiducia nel rituale in sé. I rituali sono al centro degli effetti placebo perchè sono fatti di stimoli sensoriali e sociali che informano la persona malata che un trattamento è in atto e che presto potrebbe esserci un miglioramento.
Perché il contesto psicosociale funziona?
Perché il contesto produce un effetto a livello cerebrale? Ci sono fondamentalmente due meccanismi uno inconscio e uno conscio.
– Il meccanismo inconscio: conosciuto anche come condizionamento classico o condizionamento di Pavlov, medico, fisiologo ed etologo russo. Pavlov, nel 1903, aveva effettuato un esperimento con dei cani, associando un suono di campanello a della carne. Il cane, alla vista della carne salivava, perché il suo desiderio era di mangiarla. Dopo ripetute associazioni tra suono del campanello e carne, ha riscontrato che anche togliendo la carne, al suono del campanello il cane salivava ugualmente.
Pensiamo ora ad un aspirina, qual’é il suo contesto psicosociale? E’ la sua forma (tonda) e il suo colore (bianco). Se somministriamo un’aspirina (acido acetilsalicilico) tante volte ed ha effettivamente un effetto analgesico, qualsiasi altra compressa bianca e tonda (placebo), andrò in seguito a prescrivere, sarà in grado di produrre gli stessi effetti. In questo caso non c’è bisogno di credere perché è un meccanismo totalmente inconscio e riguarda tutti.
– Il meccanismo conscio: riguarda l’anticipazione, l’aspettativa, la fiducia e la speranza. Quindi l’anticipazione di un beneficio terapeutico, l’aspettativa di un beneficio terapeutico, la fiducia nella terapia e nel personale medico e la speranza di guarigione.
Nell’anticipazione di un beneficio terapeutico, dove mi aspetto un beneficio da una determinata sostanza (pillola, placebo, acqua fresca), il cervello entra in uno stato particolare, per cui rilascia delle sostanze, che mi fanno stare meglio.
Non esiste un solo effetto placebo, ma ne esistono molti, con tanti meccanismi diversi consci ed inconsci.
Ma cosa succede nel cervello?
Ma cosa succede nel cervello quando vengono date delle suggestioni verbali? Accade che si attivano molte aree cerebrali e si determina la produzione di molte sostanze chimiche. Ci sono però due sostanze che svolgono un ruolo fondamentale: gli oppioidi endogeni e la CCK (colecistochinina), che sono due neurotrasmettitori con effetti opposti. Uno viene attivato dalle suggestioni verbali positive e l’altro da quelle negative.
– Gli oppioidi endogeni: sono delle sostanze simili alla morfina, ad esempio le endorfine (morfina endogena). Questi oppioidi hanno le stesse proprietà analgesiche della morfina. Quando nel nostro cervello vengono liberate endorfine, queste aiutano a diminuire il dolore.
– La CCK (colecistochinina): ha l’effetto diametralmente opposto. Ad esempio, ad un paziente somministro delle suggestioni verbali negative, dicendogli che il farmaco (placebo), che sta assumendo, è un potente farmaco iperalgesico, cioè farà aumentare i suoi dolori. Il risultato sarà un incremento dell’ansia del paziente, la conseguente attivazione di aree cerebrali connesse all’ansia e la produzione della CCK, che ha un effetto amplificatore e facilitatore della trasmissione del dolore.
Altro esempio: la somministrazione di suggestioni verbali positive, attraverso un placebo (acqua fresca, zucchero), ad un paziente con il morbo di Parkinson, determina l’attivazione di alcune aree cerebrali (corpi striati) e l’attivazione di una sostanza particolare, la dopamina.
La dopamina
La dopamina è un neurotrasmettitore prodotto dal cervello e in minima parte dalle ghiandole surrenali. Fa parte delle catecolamine, gruppo di ormoni cui appartengono anche adrenalina e noradrenalina, di cui la dopamina è il precursore. È conosciuta come l’ormone dell’euforia, in quanto la sua presenza è legata alla sfera del piacere e al meccanismo della ricompensa. Questo neurotrasmettitore, però, interviene anche nella regolazione di altre importantissime funzioni dell’organismo, a livello del sistema nervoso centrale e periferico. È responsabile del controllo dei muscoli, ma anche della motivazione personale, del sonno, dell’umore, della memoria e dell’apprendimento.
Ma cosa succede se eliminiamo tutto il contesto psicosociale e somministriamo il farmaco (placebo), all’insaputa del paziente? Ad esempio nel caso che il farmaco venga somministrato da un computer, collegato con una flebo, senza che il paziente sappia cosa viene iniettato e quando. In questo caso l’effetto terapeutico è molto minore.
Psicoterapia ed effetto placebo
Anche nella psicoterapia l’effetto placebo è molto importante. Quello che conta più di tutto nella psicoterapia è l’interazione che si crea fra terapeuta e paziente. Le parole dello psicoterapeuta sono importantissime. Altri elementi fondamentali per l’efficacia della terapia, è la fiducia del paziente nei confronti del terapista, l’aspettativa di un beneficio terapeutico, il sentirsi protetto da una figura e la speranza di guarigione.
Placebo, terapie complementari e alternative
L’effetto placebo gioca un ruolo fondamentale nelle terapie alternative. Ad esempio riguardo all’omeopatia non esiste nessun trial clinico, effettuato con un rigoroso metodo scientifico, che dimostri che l’omeopatia è superiore al placebo.
Riguardo all’efficacia dell’agopuntura, si sta procedendo da un punto di vista neuroscientifico, utilizzando la PET (tomografia ad emissione di positroni), per vedere cosa succede nel cervello del paziente che riceve l’agopuntura. Si è visto che il fattore aspettativa gioca un ruolo essenziale, in certi casi è solo un fattore aspettativa. Sono stati effettuati diversi trial clinici, nei quali si sono divise le persone in due gruppi. Un gruppo ha ricevuto agopuntura reale, mentre l’altro ha avuto agopuntura placebo, utilizzando aghi finti, cioè retrattili, che quindi non si infilano.
Ebbene, la maggior parte degli studi ha evidenziato che tra i due gruppi di persone non c’è nessuna differenza degna di nota.
Cos'altro aiuta il placebo a funzionare?
– Le caratteristiche del placebo: se la pillola sembra autentica, la persona che la assume è più convinta che contenga un medicinale efficace. La ricerca dimostra che le pillole di dimensioni più grandi, suggeriscono una dose più forte rispetto alle pillole più piccole.
L’assunzione di due pillole sembra essere più potente che assumerne solo una. In generale, le iniezioni hanno un effetto placebo più potente rispetto alle pillole;
– L’atteggiamento della persona: se la persona si aspetta che il trattamento funzioni, le possibilità che si verifichi un effetto placebo sono maggiori;
– Rapporto medico-paziente: se la persona si fida del proprio medico, è più probabile che il placebo avrà un effetto;
Casi incredibili di Effetto Placebo
Il caso di Sam Londe: "vorrei vivere fino a Natale"
Sam Londe era un commerciante di scarpe di St. Louis e negli anni settanta gli fu diagnosticato un cancro all’esofago, con metastasi. All’epoca quel tipo di cancro era considerato incurabile.
I medici lo operarono, asportando il tessuto canceroso, ma quasi subito la situazione peggiorò. Un’ecografia rivelò che il cancro si era esteso ulteriormente e i medici dissero al povero Sam che gli restavano pochi mesi di vita. A quel punto Londe e la sua seconda moglie si trasferirono a Nashville, dove viveva la famiglia di lei e fu ricoverato all’ospedale.
Qui incontrò il dottor Clifton Meador, il quale gli fece subito gli esami del sangue, che si rivelarono quasi normali. Dopo qualche giorno Sam si riprese e iniziò a confidarsi con il dottor Meador. Gli raccontò che sei mesi addietro aveva perso, in una inondazione, la prima moglie, che amava moltissimo. Sam gli disse: “quella notte il mio cuore e la mia anima andarono persi nell’inondazione”. Poi aveva incontrato la sua seconda moglie e alla fine gli avevano diagnosticato il cancro.
Cosa vuole che faccia per lei?
A quel punto il dottor Meador lo guardò e gli disse: “cosa vuole che faccia per lei?”. Il malato gli rispose: “vorrei vivere fino a Natale per stare con mia moglie e la sua famiglia”.
Le condizioni di Londe migliorarono al punto che fu dimesso e riuscì a passare il Natale a casa con la famiglia. Ma una settimana dopo Natale, la moglie lo riportò in ospedale, perché Sam sembrava in fin di vita. Gli esami non rilevarono nulla di particolare, ma ventiquattro ore dopo morì.
La cosa molto strana è che l’autopsia rilevò che il fegato non era pieno di metastasi. C’era solo un piccolo nodo tumorale nel lobo sinistro, una piccola macchia sul polmone e l’area intorno all’esofago era del tutto sana. Nessuno dei due tumori era abbastanza grande da farlo morire. Questo voleva dire che l’esame epatico effettuato nel primo ospedale aveva dato un falso positivo.
Sam Londe non è morto né di cancro esofageo, né di cancro al fegato. E’ morto semplicemente perché tutte le persone attorno a lui pensavano che fosse in fin di vita. E, soprattutto, Londe era sicuro di essere destinato a morire.
L'esperimento della dottoressa Ellen Langer: "Counterclockwise Study"
L’esperimento condotto nel 1981 dalla psicologa di Harvard Ellen Langer, noto come “Counterclockwise Study“, è uno degli studi più affascinanti nel campo della psicologia e della gerontologia.
L’obiettivo principale dello studio di Langer era indagare l’influenza del pensiero e del contesto psicologico sul processo di invecchiamento. Langer voleva esplorare se cambiando le percezioni delle persone anziane riguardo alla loro età e alle loro capacità, si potessero osservare miglioramenti significativi nella loro salute fisica e mentale.
La dottoressa Ellen Langer e il suo team selezionarono un gruppo di uomini anziani (tra i 70 e gli 80 anni) e li portarono in un ambiente controllato, un monastero di Peterborough, New Hampshire, che era stato ricreato per somigliare al mondo di 20 anni prima, cioè al 1959.
Preparazione dell'ambiente
Il monastero fu allestito con oggetti, musica, giornali, riviste e programmi televisivi dell’epoca del 1959.
Gli uomini dovevano parlare e comportarsi come se fossero realmente nel 1959. Dovevano anche discutere di eventi di quell’anno al presente, non come se fossero ricordi.
Sfogliarono vecchi numeri di Life e del Saturday Evening Post, guardarono film e programmi televisivi del 1959, ascoltarono alla radio musica dell’epoca, come Nat King Cole. Parlarono di eventi avvenuti sempre nel 1959, come la conquista del potere a Cuba da parte di Fidel Castro etc.
L’esperimento durò cinque giorni. I partecipanti svolsero varie attività che richiedevano l’uso delle loro capacità fisiche e cognitive, sempre nel contesto di vivere nel 1959. I risultati furono sorprendenti e suggerirono che i cambiamenti psicologici e ambientali potevano avere un impatto significativo sulla salute fisica e mentale:
Miglioramenti Fisici:
– Miglioramenti nella vista e nell’udito.
– Aumento della forza fisica e della destrezza manuale.
– Miglioramenti nella postura e nell’andatura. Alcuni uomini avevano smesso di usare il bastone.
– Riduzione dei segni fisici di artrite.
– I partecipanti erano anche più alti grazie alla postura più eretta.
Miglioramenti Cognitivi:
– Incremento nei punteggi dei test cognitivi.
– Miglioramento della memoria e delle capacità di apprendimento.
Benessere Generale:
– Aumento della fiducia in se stessi.
– Sensazione generale di benessere e vitalità.
Conclusioni
L’esperimento di Ellen Langer dimostrò che la percezione dell’età e il contesto psicologico possono influenzare significativamente il processo di invecchiamento. Langer concluse che molti aspetti dell’invecchiamento sono influenzati non solo dai fattori biologici, ma anche dai fattori psicologici e ambientali. Questo studio ha aperto nuove prospettive sulla possibilità di “rivitalizzare” le persone anziane attraverso cambiamenti nel modo in cui pensano e percepiscono se stessi.
I partecipanti non si sono limitati a sentirsi più giovani, ma lo sono diventati davvero. Il cambiamento non si è verificato solo nella mente, ma anche nel corpo.
Esperimento: intervento chirurgico simulato al ginocchio
Nel 2002 il chirurgo ortopedico Bruce Moseley, uno dei più grandi esperti di ortopedia sportiva di Houston, ha condotto un esperimento su 180 pazienti che soffrivano di osteoatrite al ginocchio.
Lo studio aveva lo scopo di valutare l’efficacia della chirurgia artroscopica del ginocchio nei pazienti con osteoartrite. La procedura comune prevedeva due interventi: la raschiatura della cartilagine danneggiata (debridement) e il lavaggio delle articolazioni per rimuovere i frammenti di cartilagine.
L’obiettivo era determinare se la chirurgia artroscopica del ginocchio fosse più efficace di un placebo nel migliorare i sintomi dell’osteoartrite del ginocchio.
Metodo
Partecipanti: furono reclutati 180 pazienti con osteoartrite del ginocchio.
Randomizzazione: i pazienti furono assegnati in modo casuale a uno di tre gruppi:
– Debridement: subiva la rimozione della cartilagine danneggiata.
– Lavaggio: riceveva solo il lavaggio delle articolazioni.
– Placebo: subiva un intervento finto. I pazienti venivano anestetizzati e venivano effettuati tre piccole incisioni sul ginocchio per simulare l’intervento, ma non veniva effettuata alcuna procedura interna.
Blinding: né i pazienti né i medici che valutavano i risultati sapevano a quale gruppo appartenevano i partecipanti (doppio cieco).
Risultati
I risultati furono sorprendenti:
– Dopo due anni, non ci furono differenze significative nei livelli di dolore o nella funzione del ginocchio tra i tre gruppi.
– Anche i pazienti del gruppo placebo riportarono miglioramenti simili a quelli dei gruppi che avevano subito le vere procedure chirurgiche.
Conclusioni
– Effetto placebo: l’esperimento dimostrò che una parte significativa del miglioramento dei sintomi nei pazienti sottoposti a chirurgia artroscopica del ginocchio poteva essere attribuita all’effetto placebo piuttosto che all’intervento chirurgico stesso.
– Ripensamento delle pratiche cliniche: lo studio sollevò importanti questioni sulla necessità di alcune procedure chirurgiche, suggerendo che la chirurgia artroscopica per l’osteoartrite del ginocchio potrebbe non essere più efficace di un trattamento placebo.
Riferimenti
JBruce Moseley, Kimberly O’Malley , Nancy J. Petersen , Terri J Menke , Baruch A Brody , David H. Kuykendall , John C. Hollingsworth , Carol M Ashton , Nelda P. Wray “Uno studio controllato di chirurgia artroscopica per l’osteoartrosi del ginocchio“.
Casi incredibili di Effetto Nocebo
Vance Vanders e la vittoria sul Vudù
Vance Vanders (nome fittizio), un sessantenne del Tennessee, nel 1938 fu ricoverato dalla moglie perché aveva perso più di venti chili e sembrava in fin di vita. All’ospedale il dottor Drayton Doherty lo visitò ma non riuscì a riscontrare nulla che potesse giustificare le sue condizioni.
Quindi gli applicò un sondino nasogastrico, ma Vanders vomitava tutto ciò che veniva inserito al punto che sembrava ormai spacciato.
La moglie di Vance, preoccupata, rivelò al dottor Doherty che il marito era stato vittima di un rito vudù. Aveva avuto una discussione con sacerdote vudù ed era stato convocato al cimitero di notte. Il sacerdote scagliò contro di lui il malocchio e gli disse che a breve sarebbe morto. Vance tornò a casa disperato rifiutandosi di mangiare e poi fu ricoverato.
Lo stratagemma del dottor Doherty
Il dottor Doherty con l’aiuto dei familiari, escogitò un astuto stratagemma. Informò Vanders e la famiglia che si era recato dal Santone e con la forza era riuscito a farsi rivelare che rito gli aveva fatto. Il Sacerdote gli confessò di aver strofinato alcune uova di lucertola sulla pelle di Vance, e che le uova si erano schiuse nello stomaco. Quasi tutte le lucertole erano morte, a parte una grossa, che gli stava divorando il corpo.
Il medico informò Vanders che avrebbe asportato quella grossa lucertola. Si fece portare dall’infermiera una grossa siringa contenente, a suo dire, una potentissima medicina, in grado di eliminare la lucertola. Poi, con grande attenzione, iniettò il liquido nel braccio dello spaventato Vanders e senza dire una parola lasciò la stanza. In realtà il liquido iniettato non era altro che un farmaco che induceva il vomito.
Il malato iniziò a vomitare in un catino, contorcendosi. A quel punto il dottor Doherty rientrò nella stanza e senza farsi vedere, fece scivolare una grossa lucertola, che aveva in borsa, nel catino. Immediatamente il medico con molta enfasi urlò: “guardi, Vance!, cosa è uscito dal suo corpo. E’ guarito. Il vudù è stato annullato”.
Vanders confuso e con gli occhi spalancati fece un salto all’indietro e dopo pochi minuti piombò in un sonno profondo. Si svegliò dodici ore dopo, molto affamato e mangiò avidamente. Una settimana dopo, completamente ristabilito, lasciò l’ospedale e visse almeno altri dieci anni.