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Strain/Counterstrain osteopatico

Introduzione

Il trattamento osteopatico Strain/Counterstrain (SCS), sviluppato negli anni ’50 dal Dott. Lawrence H. Jones, è una tecnica manuale che si basa sul riposizionamento passivo di un’area del corpo per ridurre il dolore e la disfunzione somatica. Lawrence H. Jones (1912-1996), si laureò in Osteopatia al California College of Osteopathy di Los Angeles nel 1936.

Nel 1995 nello studio del Dr. Jones si presentò un paziente giovane che soffriva di mal di schiena da ormai 10 settimane e non riusciva a stare dritto in piedi e dormine bene. Il Dr. Jones cercò di intervenire con tecniche thrust ma senza risultato. Nel corso di una successiva visita fece sdraiare il paziente sul lettino, mettendolo in una posizione che alleviava il dolore e praticandogli manovre lente. Poi uscì dalla stanza per trattare un altro paziente e quando tornò, il paziente riusciva a stare in piedi diritto e senza dolore.
Ecco come nacque la tecnica dello Strain/Counterstrain.

Entusiasmato dal risultato clinico, Jones continuò a sperimentare. Nel contempo cominciò ad identificare delle piccole aree circoscritte di tessuto dolente, nelle quali il dolore veniva ridotto o alleviato, mettendo il paziente in una posizione di massimo comfort. Inizialmente chiamò queste piccole aree localizzate e dolenti “trigger point” (punti che scatenano il dolore, dal termine trigger, grilletto). Successivamente cambiò il termine in “tender point” (punti ipersensibili, dal termine “tender” che significa sensibile e dolente).

Il Dr. Jones inizialmente chiamò questo trattamento “release (rilascio) spontaneo da posizionamento, poi abbreviò tutto in “strain/counterstrain“. 

LAWRENCE H. JONES

Questa tecnica ora chiamata con il termine counterstrain, è molto utilizzata nell’ambito dell’osteopatia, della fisioterapia e della terapia manuale per alleviare dolori muscolo-scheletrici e migliorare la mobilità.

L’SCS agisce attraverso il rilassamento riflesso delle fibre muscolari iperattive, mediante il posizionamento in una postura che contrasta la tensione originaria (strain) e riduce l’attivazione delle fibre nervose sensoriali (nocicettori) responsabili del dolore.

strain/counterstrain osteopatico

La teoria del Dr. Jones

Jones ipotizzò un meccanismo patogenico relativo ai tender point e propose una teoria:
– Un evento causa un improvviso, specifico o generalizzato, accorciamento della componente miofasciale, mentre i tessuti dal lato opposto si allungano;
– Il feedback afferente segnala un possibile danno miofasciale causato dallo stiramento (stress);
– Il corpo cercando di prevenire il danno miofasciale contrae i tessuti miofasciali colpiti determinando un iper-accorciamento della componente miofasciale interessata (agonista);
– Perciò, si avrà un (rapido) accorciamento del muscolo opposto (antagonista);
– Alla fine si genera un riflesso inappropriato, che si manifesta come un tender point sul muscolo antagonista;
– Il risultato finale è un tessuto fasciale ipertonico ed una riduzione del movimento;

Fondamenti neurofisiologici

L’SCS si basa sul principio della “risposta protettiva” dei fusi neuromuscolari, i recettori sensoriali responsabili della regolazione del tono muscolare. Questi recettori possono essere attivati in modo anomalo quando un muscolo viene stirato oltre il suo range fisiologico normale, causando una reazione riflessa di contrazione e un conseguente stato di ipertonia muscolare. Il meccanismo fisiologico è legato al riflesso miotatico inverso e al riflesso gamma, che comportano una co-contrazione muscolare per proteggere i tessuti da un possibile danno.

Jones ipotizzò che questa contrazione riflessa, se persiste, potesse portare a un’alterazione della propriocezione e della funzionalità del tessuto, contribuendo al dolore e alla disfunzione somatica.

riflesso miotatico
RIFLESSO MIOTATICO

Riflesso miotatico

Il riflesso miotatico, noto anche come riflesso da stiramento, è un meccanismo di protezione e regolazione che coinvolge il sistema nervoso e i muscoli. La sua funzione principale è mantenere il tono muscolare e prevenire danni derivanti da un’eccessiva estensione o stiramento muscolare. Vediamo come funziona nel dettaglio:

Meccanismo del Riflesso Miotatico

– Stiramento del muscolo: Quando un muscolo viene stirato, i recettori sensoriali all’interno del muscolo, chiamati fusi neuromuscolari, percepiscono questo cambiamento di lunghezza.
– Attivazione del fuso neuromuscolare: I fusi neuromuscolari sono particolarmente sensibili all’allungamento del muscolo. Quando il muscolo si allunga, queste fibre sensoriali inviano segnali (potenziali d’azione) attraverso i nervi afferenti (nervo sensoriale) al midollo spinale.
– Risposta riflessa nel midollo spinale: Nel midollo spinale, l’informazione sensoriale viene processata e inviata a un motoneurone alfa. Questo motoneurone invia un segnale di ritorno al muscolo stirato, inducendolo a contrarsi.
– Contrazione del muscolo: Il risultato è una contrazione immediata del muscolo in risposta allo stiramento. Questo aiuta a prevenire ulteriori allungamenti potenzialmente dannosi, mantenendo la lunghezza del muscolo in un range sicuro.
– Inibizione reciproca: Per facilitare il movimento, durante il riflesso miotatico, i muscoli antagonisti (quelli che compiono l’azione opposta) vengono inibiti. Questo processo è chiamato inibizione reciproca e consente al muscolo agonista di contrarsi senza opposizione.

riflesso rotuleo
Esempio Classico: Il Riflesso Rotuleo

Un esempio molto conosciuto del riflesso miotatico è il riflesso rotuleo. Quando un medico colpisce leggermente il tendine rotuleo sotto il ginocchio con un martelletto, il quadricipite si estende. Il riflesso miotatico fa contrarre immediatamente il quadricipite, causando l’estensione della gamba come risposta riflessa.

Funzione e Importanza del Riflesso Miotatico
– Mantenimento della postura: Il riflesso miotatico aiuta a mantenere il tono muscolare necessario per sostenere la postura. Ad esempio, quando ci si trova in piedi, piccoli movimenti involontari o oscillazioni del corpo allungano i muscoli delle gambe, attivando il riflesso miotatico per mantenere l’equilibrio.
– Protezione del muscolo: Evita che i muscoli si stirino troppo rapidamente o eccessivamente, riducendo il rischio di lesioni come strappi o stiramenti.

Modulazione del Riflesso

Il riflesso miotatico non è un’azione fissa e involontaria in tutte le situazioni. Il cervello può modulare la risposta riflessa in base alle necessità. Ad esempio, durante attività fisiche specifiche o allenamenti, il sistema nervoso può “attenuare” il riflesso per permettere maggiore elasticità o adattamento.

Il fuso muscolare e la coattivazione alfa-gamma

Il fuso muscolare è un recettore sensoriale presente nei muscoli scheletrici che rileva i cambiamenti di lunghezza del muscolo e la velocità con cui avvengono. È composto da fibre intrafusali e ha un’importante funzione nel regolare il tono muscolare attraverso due tipi di fibre nervose:
– Fibre efferenti gamma: Queste fibre motrici regolano la sensibilità del fuso muscolare, mantenendo una certa tensione nelle fibre intrafusali anche quando il muscolo è a riposo. Quando il sistema gamma è attivato, il fuso muscolare diventa più sensibile ai cambiamenti di lunghezza muscolare.
– Fibre afferenti alfa: Queste fibre sensoriali inviano segnali al sistema nervoso centrale riguardo alla lunghezza e alla tensione del muscolo. Quando viene rilevata una variazione, come un allungamento improvviso, le fibre afferenti alfa provocano una contrazione riflessa del muscolo (riflesso miotatico).

La coattivazione alfa-gamma si riferisce al fatto che sia le fibre efferenti gamma sia le fibre motrici alfa lavorano in sincronia per regolare la lunghezza e la tensione del muscolo in risposta a vari stimoli. Questo garantisce che i muscoli rimangano pronti a rispondere adeguatamente, mantenendo il tono muscolare e prevenendo lesioni da stiramento o eccessivo rilassamento.

strain/counterstrain osteopatico

Meccanismo di azione del trattamento osteopatico Strain/Counterstrain

Il trattamento SCS utilizza un posizionamento passivo che mira a ridurre la tensione anomala del muscolo e a rilassare i fusi neuromuscolari iperattivi.

Una volta individuato il tender point, il terapeuta posiziona l’articolazione o il muscolo correlato in una posizione di accorciamento passivo (contro la direzione della tensione percepita), riducendo l’attività dei nocicettori e delle unità motorie. Questo posizionamento viene mantenuto per circa 90 secondi, permettendo un “reset” del riflesso muscolare.

Secondo il modello proposto da Jones, tale posizione riduce il segnale nocicettivo, inibendo la risposta riflessa anomala e favorendo il ripristino del tono muscolare normale. Al termine del periodo di rilassamento, il terapeuta ripristina lentamente la posizione neutrale, con un miglioramento della mobilità e una riduzione del dolore.

Trattamento

Diagnosi

Prima di applicare la tecnica l’operatore deve diagnosticare la disfunzione somatica.

Individuare i counterstrain point

– Il terapeuta individua il counterstrain point associato alla disfunzione (punti di tensione o dolore palpabile). I counterstrain point solitamente sono localizzati vicino alle inserzioni ossee di muscoli e legamenti, nel ventre del muscolo, oppure nella fascia; Generalmente sono molto sensibili, distinti tra loro, più piccoli di un polpastrello e il tessuto è teso, quasi edematoso. I counterstrain point hanno un diametro di 1 cm o meno, e il punto più sensibile è di circa 3 mm di diametro.
– Per localizzare un counterstrain point si applica una pressione ferma e diretta di 4 kg/cm² col polpastrello o col pollice. Evitare la punta delle dita se si hanno le unghie lunghe. Non eseguire movimenti circolari quando si preme.
– Se in una zona ci sono più counterstrain point, trattare prima il punto “più ipersensibile e più caldo”. Se ci sono più punti con uguale sensibilità in fila, trattare prima quello al centro. Infine trattare prima i punti prossimali e poi quelli distali.

Quantificare il livello di dolore percepito

Quantificare il livello di dolore percepito da paziente nel counterstrain point, utilizzando la percentuale su una scala a 0 a 10. 

strain/counterstrain osteopatico
Posizionamento del paziente

Posizionare (passivamente) il paziente in modo lento, cercando la posizione di comodità e comfort ottimale/massimo, monitorando contemporaneamente la struttura del tessuto e la tensione del counterstrain point con una leggera pressione. Cercare di ottenere una significativa riduzione del dolore e poi effettuare dei piccoli movimenti, ad arco, ricontrollando il punto, premendo in modo alternato (on/off), fino a quando la sensibilità (dolore) sia completamente scomparsa.

Se il counterstrain point non può essere eliminato, l’importante è riuscire a ridurre il dolore del 70%. L’obiettivo comunque è ottenere una riduzione del dolore del 100% dove possibile.

Trattamento

Trovata la posizione adatta, deve essere mantenuta per 90 secondi, mentre il paziente resta passivo (rilassato). L’operatore rimane con il polpastrello del dito sul counterstrain point per tutta la durata del trattamento, verificando il livello del dolore ogni 30 secondi.
Dopo 90 secondi o quando il tessuto sembra essersi rilassato, continuando a mantenere un contatto “morbido” con il counterstrain point, si riporta passivamente il paziente alla posizione neutra originale, seguendo il percorso con la minor resistenza. Il paziente non deve aiutarci e se lo fa ci fermiamo e gli chiediamo di rilassarsi.

Ora si verifica nuovamente il counterstrain point. Se è stato ridotto a zero è probabile che rimanga così. E’ anche possibile però che, dopo aver finito la tecnica, il dolore ricompaia. Se il dolore invece si è ridotto in 90 secondi, il miglioramento può continuare con il passare del tempo.
La reazione post-trattamento può comprendere una dolorabilità generale durante le successive 24-48 ore. Se accade, suggerite al paziente di idratarsi e di usare il ghiaccio sulla zona dolente per 15-20 minuti ogni 3 ore.

Riguardo alla cadenza dei trattamenti è consigliabile ogni 3 giorni.

strain/counterstrain osteopatico

Benefici ed indicazioni terapeutiche

Il trattamento SCS viene applicato con successo in una varietà di condizioni muscolo-scheletriche. Tra queste possiamo trovare:
– Dolori cervicali e lombari: Il trattamento SCS è frequentemente utilizzato per ridurre le tensioni muscolari nei distretti cervicali e lombari, aree comunemente soggette a disfunzioni posturali e meccaniche.
– Disfunzioni somatiche articolari: L’SCS può essere utilizzato per trattare disfunzioni articolari minori, come la disfunzione delle articolazioni sacro-iliache, della colonna vertebrale o delle articolazioni periferiche (gomito, ginocchio, spalla).
– Fibromialgia: In pazienti con sindrome fibromialgica, caratterizzata da dolori diffusi e sensibilità muscolare, la tecnica SCS si è rivelata efficace nel ridurre la sensibilità muscolare e nel migliorare la qualità della vita.
– Lesioni sportive: L’SCS è frequentemente utilizzato per trattare contratture muscolari post-traumatiche o causate da sovraccarico funzionale negli sportivi, migliorando il recupero funzionale.
– Sindrome miofasciale e trigger points: Anche se i tender points dell’SCS differiscono dai trigger points, molti studi indicano che la tecnica può essere efficace anche nella gestione di sindromi miofasciali e tensioni muscolari croniche.

Evidenze scientifiche e studi clinici

Diversi studi hanno supportato l’efficacia del trattamento SCS. Alcuni studi, tra cui una revisione sistematica pubblicata su Journal of Bodywork and Movement Therapies (2017), hanno dimostrato che il trattamento SCS è efficace nel ridurre il dolore in pazienti con lombalgia cronica, dolori cervicali e sindrome del dolore miofasciale. La tecnica ha anche mostrato risultati promettenti in termini di miglioramento della funzionalità articolare e riduzione della sensibilità nei tender points.

Uno studio del 2020 su pazienti con sindrome del dolore miofasciale ha mostrato una riduzione significativa del dolore dopo l’applicazione della tecnica SCS rispetto a un gruppo di controllo trattato con fisioterapia tradizionale. I ricercatori hanno suggerito che il meccanismo del rilassamento riflesso dei fusi neuromuscolari fosse alla base di questo miglioramento.

Tuttavia, è importante sottolineare che non tutti gli studi concordano sull’efficacia della tecnica. Alcuni lavori hanno riscontrato risultati modesti o non significativi, in particolare quando il trattamento è stato applicato a condizioni più complesse come la fibromialgia.

Limiti e controindicazioni

Sebbene l’SCS sia generalmente considerato una tecnica sicura e minimamente invasiva, presenta alcune limitazioni e controindicazioni. In particolare:
– Controindicazioni relative: Pazienti con fratture recenti, infezioni articolari o condizioni infiammatorie acute potrebbero non essere candidati ideali per la tecnica, in quanto il riposizionamento passivo potrebbe peggiorare la condizione. Una spondilosi degenerativa grave con fusioni tra i segmenti e mancanza di movimento dove il trattamento dovrebbe agire.
– Efficacia variabile: Come con molte tecniche manuali, l’efficacia dell’SCS può variare in base alla specifica disfunzione e al paziente. Alcuni pazienti possono non rispondere bene alla tecnica, e in tal caso potrebbero essere necessari approcci terapeutici alternativi.
– Tempo di apprendimento: La tecnica richiede una conoscenza approfondita dell’anatomia e della biomeccanica per identificare correttamente i tender points e posizionare il corpo in modo ottimale. È quindi fondamentale che venga eseguita da operatori ben formati.

Conclusione

Il trattamento osteopatico Strain/Counterstrain rappresenta un valido approccio terapeutico per la gestione del dolore muscolo-scheletrico e delle disfunzioni somatiche. Basato su solidi principi neurofisiologici, questo trattamento si distingue per la sua capacità di rilassare le tensioni muscolari in modo sicuro e minimamente invasivo.

Sebbene l’evidenza scientifica a supporto sia positiva, è importante continuare a esplorare ulteriormente l’efficacia e i limiti della tecnica, con studi clinici di maggiore portata e su diverse popolazioni. Come parte di un approccio multidisciplinare, l’SCS può essere una risorsa utile per il trattamento di molte condizioni muscolo-scheletriche, ma va utilizzata con attenzione, tenendo conto delle specifiche esigenze e condizioni del paziente.